La morte degli ultimi e l’ipocrisia dilagante.

Le vittime del cantiere dell’ex Panificio Militare di Firenze ci spingono ad una profonda riflessione non solo sul mondo del lavoro ma anche sugli immigrati che vengono nel nostro paese per lavorare e per rifarsi una vita.

Morire lavorando è inaccettabile, morire lavorando senza avere neanche la dignità di essere riconosciuto come cittadino e umiliante per l’intera umanità.

Tutto ciò porta ad una perdita dell’anima di una comunità.

L’ipocrisia dilagante nel nostro paese e nel resto d’Europa ci porta a dire che salviamo gli immigrati in mezzo al mare per poi farli annegare nel mare della criminalità. Se uno straniero arriva nel nostro paese e vuole lavorare onestamente non è possibile: rimane in un limbo per anni, senza documenti e senza speranza può solo lavorare a nero rimanendo ostaggio di sfruttamento oppure delinquere per vivere (lo stesso imprenditore se lo fa lavorare rischia il penale).

Eppure le soluzioni ci sarebbero. La prima è quella di organizzare centri di formazione europei dove gli immigrati, in attesa dei famosi 18 mesi di sosta, imparano una lingua e un mestiere (muratore imbianchino, falegname, cameriere, idraulico e così via). Al termine del percorso, se hanno i requisiti per rimanere in Italia, avremo formato futuri cittadini a mestieri che, peraltro, sono estremamente necessari alla nostra economia, se invece decide di andare in un altro paese europeo vale la stessa cosa. Qualora non abbia i requisiti per rimanere in Italia o in Europa sarà rimpatriato e ritornerà nel proprio paese. Ma anche in questo caso avremo formato forza lavoro che produrrà sviluppo nel paese di appartenenza. Tali centri di formazione europei dovrebbero essere realizzati anche nel paese di provenienza per prevenire e formare forza lavoro che, sempre più, servirà all’Europa, invece di lasciarli nelle mai dei trafficanti di esseri umani.

Se non interveniamo prima con una seria politica di pianificazione i problemi rimarranno sempre gli stessi ed assisteremo sempre di più agli sbarchi ed allo sporco lavoro dei trafficanti di esseri umani.

Il lavoro, la sicurezza, la delinquenza diffusa sono anche conseguenza di mancanza di alternative.

Altra questione fondamentale riguardo quanto accaduto è la questione dei subappalti. Ormai è palese che questa procedura porta a nefaste conseguenze. L’azienda che vince l’appalto deve essere responsabile in primis di tutto quello che accade nella filiera. Dobbiamo ridurre al massimo la possibilità di subappaltare e deve essere mantenuta la centralità e la responsabilità dell’azienda vincitrice l’appalto.

A tutto ciò dobbiamo aggiungere più controllo ed una semplificazione delle norme riguardanti la sicurezza sul lavoro.

Su tali temi la politica italiana, al pari di quella europea, ha le bende sugli occhi e dimostra una mancanza di visione e una carenza strutturale nella capacità di dare risposte e soluzioni concrete. Queste carenze, purtroppo, si manifestano anche a livello cittadino: d’altronde la politica non è altro che lo specchio del paese.

La riflessione di fondo è che emerge una crisi della classe dirigente del nostro paese e dell’Europa che, conseguentemente, si trasferisce nella crisi della politica a cui si lega la crisi di rappresentatività dei partiti. Da qui l’importanza dell’impegno civico per dare speranza, innovazione e cambiamento.